Adriano Sofri ha scritto un libro
liquido in più formati: .PDF, .epub, .mobi (e - spero non
sia un caso - NON in quello proprietario di Apple) che è
liberamente scaricabile dal suo sito. Questo evento è
l'occasione per riflettere su due ordini di questioni. La
prima: il ruolo dell'azzeramento dei costi di stampa reso
possibile dalla "liquidità" dei libri nella
diffusione di idee che gli editori non possono/vogliono
pubblicare. La seconda: l'importanza di conservare anche
nei libri liquidi l'attenzione a come impaginare e
"aggiustare" un testo.
Quanto al primo punto, si potrebbe dire
che non ci sia nulla di strano o di nuovo nel fatto che
qualcuno pubblichi un contenuto digitale liberamente
fruibile (nel senso di non doverlo acquistare). La rete
trabocca di tweet, post e feed per tutti i gusti, e non fa
certo notizia l'ennesimo file, magari in qualche formato
"esoterico" che ben potrebbe essere una
banalissima pagina web. In realtà non è così perché a
differenza dei contenuti normalmente disponibili online,
un ebook è fatto per essere fruito su una macchina per
leggere che, dal punto di vista delle persone, NON è un
computer, ma un ulteriore supporto per veicolare idee.
C'è, dunque, una differenza
sostanziale fra consultare una pagina web sullo schermo di
un computer e leggere un libro liquido. Perché
"popolare" una pagina web è un atto
intellettualmente diverso dallo scrivere un libro. Prima
dell'avvento dei libri liquidi, gli editori erano i
guardiani delle idee: solo chi riusciva ad essere
"ammesso a corte" - non sempre grazie al valore
della propria scrittura - veniva gratificato con la
pubblicazione del proprio lavoro. Gli altri dovevano
rassegnarsi a stampare in proprio i loro lavori e a farli
circolare in modo quasi clandestino. Ora - e la scelta di
Adriano Sofri è una testimonianza in questa direzione -
l'autore può scegliere se privilegiare la circolazione
delle proprie idee (rendendo "libero" il libro)
oppure il profitto da vendita in libreria.
L'una cosa non esclude l'altra, perché
in realtà ogni scelta ha un obiettivo artistico,
culturale, politico. Tutto questo per introdurre l'analisi
della seconda questione, quella della pubblicazione "multiformato"
Come è noto, ogni versione di un libro liquido presenta
delle differenze di impaginazione rese necessarie dalla
diversa modalità di funzionamento delle tavolette da
lettura. Questo implica - anche solo in termini di tempo -
un impegno molto consistente per offrire al lettore
un'esperienza di lettura soddisfacente. Ma è veramente
necessario fare una cosa del genere?
Parlando di digitale, non siamo oramai
abituati a testi mal impaginati, interrotti dalla
pubblicità, che si allargano e si stringono a seconda
delle dimensioni del monitor e degli
"ammennicoli" in Ajax o Java? Per rispondere
alla domanda, bisogna farsene prima un'altra: che cos'è
un libro? Risposta: è la fissazione di idee (testo), in
modo fruibile (redazione ed impaginazione), su una
macchina per leggere (supporto fisico). Tutti sono - o
dovrebbero essere in grado - di riconoscere un libro ben
fatto. Si tiene comodamente in mano; caratteri, crenatura
e interlinea rendono agevole la lettura; la qualità della
carta, le dimensioni della pagina e la robustezza
dell'oggetto consentono di leggere anche in condizioni
scomode, magari all'aperto o in metropolitana.
Le cose non sono diverse per gli ebook.
Il testo, infatti, per essere fruibile tramite un reader,
deve essere adattato appunto alla specifica macchina per
leggere. E dunque, non ha senso - per chi sa come è fatto
un libro e vuole fare libri perché siano letti - scrivere
un ebook in formato A4 con margini sproporzionati e
caratteri in corpo 16. In sintesi, se cambia la macchina
per leggere, deve cambiare il modo in cui il testo viene
organizzato, utilizzando i giusti strumenti. Il lettore -
nel senso di persona che legge, non di ebook reader -
merita di essere rispettato, visto che ha deciso di
regalare a chi scrive la cosa più preziosa: tempo della
propria vita.
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