Pubblicare un libro
elettronico sembra una cosa semplicissima. Dal punto di vista
tecnico è vero. Ma prima che un file di testo sia
ufficialmente un "libro", occorrono diversi
passaggi, onerosi e complicati.
Articolo precedente:
Il lettore
amputato
nel giardino chiuso - 19.05.11
NOTA: In seguito
alla pubblicazione di un nuovo regolamento
dell'Agenzia ISBN per l'area di lingua italiana,
alcune indicazioni contenute in questo articolo non sono
più attuali. In Libri
liquidi ci sono le informazioni aggiornate.
"Disintermediazione": questa brutta
espressione viene spesso usata per descrivere una delle
"libertà dell'internet": quella di poter
pubblicare qualsiasi cosa in prima persona, senza il
filtri e gli oneri imposti dai tradizionali intermediari
dei contenuti. Che sono prima di tutto gli editori e i
distributori.
Ma la disintermediazione dell'internet è anche - forse
soprattutto - una leggenda. Per diffondere un contenuto in
rete occorre prima di tutto affidarsi a un provider o a
una piattaforma "social", che sono a tutti gli
effetti i primi nuovi intermediari della conoscenza.
Poi è importante che i contenuti vengano trovati dal
pubblico.
Per questo servono altri intermediari, che sono i
motori di ricerca. "Se Google non ti trova, non
esisti" è una realtà indiscutibile. Ma perché
Google ti trovi, devi avere già una tua visibilità
(espressa in quantità di link che "puntano"
alle tue pagine). Così è l'internet stessa che si rivela
come essenziale intermediario dei contenuti.
Tutto questo va tenuto presente quando si dice che i
libri elettronici, soprattutto nella nuova forma destinata
agli e-reader, servono anche per saltare l'intermediazione
degli editori e possono lanciare nuovi talenti senza il
filtro delle scelte degli esperti di marketing, dei
lettori di professione e dei consulenti editoriali.
E' vero che in qualche caso l'intermediazione
dell'internet e dei suoi operatori è servita a lanciare
nuovi talenti, o nuovi furbacchioni. Ma si tratta di pochi
casi in una sterminata moltitudine di sedicenti scrittori,
improbabili consulenti e "massimi esperti" di
tutto o del nulla.
Che producono una massa infinita e crescente di contenuti
inutili ("rumore", nella teoria della
comunicazione), che copre quel poco di "segnale"
che potrebbe essere interessante.
Quando poi si parla di libri, si aggiunge una barriera
in più. Essa è costituita dal "codice ISBN",
che ogni opera deve avere per "esistere" nel
contesto editoriale.
Di che si tratta? Andiamo a vedere sul sito isbn.it:
L'International Standard Book Number è un numero
che identifica a livello internazionale in modo univoco e
duraturo un titolo o una edizione di un titolo di un
determinato editore.
Oltre a identificare il libro, si attribuisce a tutti quei
prodotti creati per essere utilizzati come libro.
Possono richiederlo: le case
editrici e tutti quegli enti/fondazioni pubblici o privati
che hanno una produzione editoriale.
E ancora:
A ciascuna edizione elettronica (e-book) e a ciascun
formato di e-book (ad esempio .lit, .pdf, .html, .pdb) che
sia pubblicato e reso disponibile separatamente deve
essere attribuito il proprio ISBN. Ciò significa che, se
un titolo viene pubblicato in due o più formati e-book,
ciascuno di questi formati dovrà avere un ISBN diverso.
Dunque se non sei un editore di professione, o un ente
che ha una produzione editoriale, non puoi avere un codice
ISBN. Ma se pensi di mettere in piedi una piccola impresa
editoriale e quindi di risolvere facilmente il problema,
prima da' un'occhiata al regolamento
dell'Agenzia ISBN per l'Italia.
Probabilmente dirai: troppo costoso, troppo complicato,
faccio a meno del codice e pubblico lo stesso. Anche
perché l'articolo 21 della Costituzione dice: "Tutti
hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione". Quindi anche con gli e-book.
Però senza il codice ISBN il tuo libro "non
esiste" sui cataloghi nazionali e internazionali, è
un migrante disperso su una barchetta alla deriva. Va
bene, dirai, tanto so nuotare.
E allora salpa l'ancora e vai. Ma prima ricordati che devi
depositare:
- una copia alla Biblioteca nazionale centrale di Roma;
- una copia alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze;
- due copie all’istituto regionale di riferimento "in relazione alla sede del
soggetto obbligato al deposito secondo quanto previsto dal D.M. 28 dicembre 2007
e dal D.M. 10 dicembre 2009".
Lo dice la legge. Più in particolare il DPR 3 maggio 2006, n. 252,
che attua la legge 15 aprile 2004, n. 106. Ma la questione
è ancora più complicata di quello che sembra, perché la
disciplina è stata "provvisoriamente" sospesa,
in quanto palesemente bislacca. Ma le nuove regole non
arrivano, sicché nessuno sa bene come ci si debba
comportare.
Se a questo punto hai ancora voglia di fare l'editore
di te stesso, continua a leggere queste pagine nelle
prossime settimane.
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