Francia e Lussemburgo condannate a ripristinare l'IVA ordinaria sui libri in
formato elettronico (per l'Italia c'è tempo): secondo i giudici un ebook non è
un libro, ma un servizio. Ma che c'entrano le banane?
Lo vedremo tra poco. I fatti sono noti. Il 1. gennaio 2012 la Francia ha ridotto al
5,5 per cento l'IVA sugli ebook, mentre Il Granducato ha adottato un'aliquota
"super ridotta" al 3 per cento. Questa è addirittura al di
sotto del minimo del 5 per cento, stabilito dalla normativa europea per qualsiasi
aliquota dell'imposta sul valore aggiunto.
La Commissione europea ha citato i due stati membri davanti alla Corte di
giustizia, che ha sede a Lussemburgo, per l'asserita violazione di diverse
direttive: Queste affermano con sufficiente chiarezza che ai testi "da
scaricare" o da leggere "in streaming" deve essere applicata
l'IVA ordinaria (quella che in Italia al 22 per cento).
Ora vediamo il nocciolo della questione, cercando di
guardare un po' più in là della "nota" che è stata commentata da tutti i media, e andiamo a
leggere le due sentenze. Una riguarda la Francia (C-479-13) e una riguarda il Lussemburgo (C-502/13).
L'idea che "un libro è un libro", a prescindere dal supporto,
non ha neanche lontanamente sfiorato la Commissione denunciante. Dal canto loro,
i giudici di Lussemburgo hanno compulsato con la massima diligenza direttive e
regolamenti e hanno concluso che un ebook non è un libro, cioè che un libro
non è un libro. Due sentenze paradossali.
Eppure dalla lettura dei testi emerge che le argomentazioni dei due
"imputati" (più uno, il Belgio, che appoggiava la Francia) non erano campate in aria. In ambedue le cause tra due tesi contrapposte era
possibile scegliere quella della difesa.
Non è andata così. C'è qualcosa di surreale in questi ragionamenti: per
capire se un libro è un libro non si va esaminare l'oggetto del contendere (il
libro, appunto), ma una serie di norme fiscali scritte nel 2006 e nel 2010, che
pretendevano di definire qualcosa che, nei fatti, non esisteva o non aveva
ancora un mercato.
A chi si occupa del diritto comunitario tornano alla mente i due celebri casi
(United Brands C27-76 e co-Frutta 193/85), nei quali la Corte dovette stabilire se
le banane fossero o no "paragonabili" o "intercambiabili"
con l'altra frutta e se con questa "costituissero un unico mercato". E
giunse a conclusioni diverse e contraddittorie.
Con gli ebook si arriva a una situazione simile e forse
ancora più paradossale, perché la stessa Commissione che ha denunciato i due Stati ora dice che l'equiparazione dell'IVA per i libri stampati e quelli in
formato elettronico sarà introdotta nella nuova direttiva, prevista (se tutto
va bene) per il prossimo anno.
Sarà interessante vedere se, dopo queste affermazioni, la
Commissione avrà la faccia tosta di denunciare anche l'Italia, che ha deciso
l'equiparazione al 4 per cento dal 1. gennaio di quest'anno. In ogni caso, visti
i tempi della giustizia europea, l'eventuale procedura si spegnerebbe in seguito
all'emanazione delle nuove norme.
Ora Francia e Lussemburgo potrebbero fare finta di niente e
mantenere l'IVA ridotta. Questo comporterebbe una nuova procedura per una
sanzione pecuniaria, con gli stessi tempi e le stesse conseguenze prevedibili
per l'Italia.
Tutto al condizionale, naturalmente, dato il contesto.
E senza dimenticare che in tutta la questione non sono in
gioco la promozione culturale, la diffusione della lettura e altre chimere, ma
solo gli introiti degli editori (vedi L'IVA al 4 per cento non serve a promuovere l'ebook).
|