Nel "primo talent
show per aspiranti scrittori" c'è tutto, tranne la
scrittura. In un Paese dove i lettori sono così pochi, si
dovrebbe parlare di libri. Di tutto il bello che c'è nei
libri. Invece si cerca il "personaggio" da vendere.
Scusate il ritardo. Ho dovuto aspettare un paio di giorni
per smaltire l'arrabbiatura provocata dalla visione della
terza - e per me ultima - puntata di Masterpiece.
Non avevo visto la prima, perché mi era bastata la
lettura della scheda di iscrizione per intuire il taglio
del programma e tenermene alla larga.
Le polemiche seguite all'esordio del "primo talent
show per aspiranti scrittori" mi hanno incuriosito.
Allora ho guardato una parte della seconda puntata. Quanto
è bastato per compatire il povero Walter Siti, uno
scrittore vero, impegolato in una "cosa" che con
i libri aveva ben poco a che fare.
Per puro scrupolo professionale - i libri, in un
modo nell'altro, sono il mio mestiere - mi sono
somministrato quasi tutta la terza. O forse è stato un
attacco di masochismo, non so.
Domenica prossima, se passerò la sera in casa, leggerò
un libro. E' banale, d'accordo, ma un buon libro è la
migliore alternativa alla brutta televisione. Se
teleguardi qualcosa, non puoi leggere. Se vuoi leggere,
spegni la TV.
O la pagina, o lo schermo. Forse questo dilemma riassume
il difetto genetico di Masterpiece: se si fa
televisione, nella sua forma più corriva, è difficile
trattare di argomenti impegnativi come la letteratura.
Eppure ci sono programmi Rai che sanno parlare di
libri, sanno far parlare gli scrittori e fanno venire la
voglia di leggere. Che tempo che fa è
l'esempio più immediato. C'era Per un pugno di libri,
dedicata ai ragazzi, che parlava di libri facendo
divertire. C'era Le storie - diario italiano di
Corrado Augias, esempio di televisione garbata e
intelligente. Attirava un pubblico numeroso, nonostante
l'orario infelice. Ora al suo posto c'è Pane
quotidiano di Concita De Gregorio, che ne ha raccolto
bene l'impegnativa eredità.
Tutto questo per dire che alla TV si può parlare di
libri nel modo giusto, anche nell'orario sbagliato. Ma
sono appunto "i libri" l'argomento importante,
non le macchiette, i casi pietosi, un allenatore (pardon,
un coach) improbabile quanto inutile. Per non
parlare di un presunto esercizio di scrittura, più adatto
a una competizione tra giornalisti che tra aspiranti
scrittori.
Il premio finale - centomila copie stampate da un
importante editore - la dice lunga a chi conosce lo stato
dell'editoria nel nostro Paese. Oggi bastano poche
migliaia di copie per raggiungere i primi posti nelle
classifiche. Nessun editore, neanche in grave stato di
ubriachezza, può pensare a una prima tiratura di
centomila, nemmeno per un best-seller "sicuro".
Dunque si scommette non sul libro, ma sul "quarto
d'ora di celebrità" del vincitore. In questa Italia
con così pochi lettori, è una scommessa rischiosa.
In Masterpiece c'è tutto, tranne i libri. Forse
la trasmissione si salverebbe se il pubblico potesse
scaricare le opere in gara e capire di che cosa stanno
parlando i giudici-conduttori con i ben
"allenati" concorrenti. Ma i libri non ci sono.
Però, sfogliando le pagine del sito del programma, si può capire
molto del vuoto culturale che lo affligge.
Si legge nella pagina di presentazione del programma:
"Quasi cinquemila dattiloscritti arrivati in redazione, oltre settecentomila pagine lette, centinaia di persone provinate: tra questi numeri si nasconde il vincitore e nuova promessa letteraria
italiana".
Provinate. Provinate?
Per scoprire uno scrittore non si legge il libro, si
"provina" l'autore!
E poi: "Ogni settimana inoltre ospiti del mondo letterario arricchiscono il programma, interfacciandosi con i concorrenti e le sfide che dovranno
affrontare".
Gli ospiti che "si interfacciano" non solo con i
concorrenti, ma anche con le sfide. Che lingua è questa?
Probabilmente l'autore di questa prosa infame è lo
stesso che ha scritto le ultime righe, identiche, nelle
pagine di Wikipedia dedicate ai tre "giudici" Giancarlo De Cataldo, Taiye Selasi e Andrea De Carlo. Con una
formidabile sgrammaticatura: "Dal novembre 2013... è
giudice del talent show di Rai Tre Masterpiece, primo
talent show letterario al mondo, che permetterà il
vincitore di pubblicare il suo primo romanzo con Bompiani".
"Permetterà il vincitore", per tre volte,
non è un refuso. E' la televisione analfabeta, la
televisione che non sa né leggere né scrivere. O forse
è un sabotaggio, la ribellione della scrittura contro la
televisione che cerca di ucciderla.
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