Il celebre scrittore di
legal thriller è disperato per la pirateria, il prestito dei
libri elettronici e il commercio di e-book "usati".
E ritiene che l'ebook danneggi soprattutto gli autori meno
famosi. Ma per lui sono un affare.
"Poveri scrittori distrutti dall'e-book". E' un
articolo di Repubblica di carta (non rintracciabile
nell'edizione web) del 9 aprile scorso, in prima pagina di
spalla. L'autore è nientedimeno che Scott Turow,
scrittore di legal thriller regolarmente piazzati
nelle posizioni più alte delle classifiche di vendita,
nonché avvocato.
Si sa che titoli dei giornali non li scrivono gli
autori degli articoli e spesso non sono coerenti con il
testo. Ma questo è azzeccato, almeno in parte. Perché il
pezzo è un riassunto dei luoghi comuni sui danni che gli
ebook causerebbero agli autori e al mercato dei libri,
sulla pirateria favorita dai motori di ricerca (che ci
guadagnano con la pubblicità) eccetera eccetera. Ma
alcune osservazioni meritano una riflessione:
Sembra che quasi tutti - editori, motori di ricerca, biblioteche, pirati e perfino qualche professore universitario
stiano cercando di fare i propri interessi a spese degli autori. Gli scrittori praticano una delle rare professioni la cui tutela è espressamente prevista dalla Costituzione,
che prescrive al Congresso di «promuovere il progresso della scienza e
di arti utili, garantendo per periodi limitati agli autori e agli inventori
il diritto esclusivo sui loro scritti e sulle loro scoperte».
L'idea è che una cultura letteraria variegata, creata da autori era di cui devono essere difese le fonti
di di sostentamento, e di conse guenza l'indipendenza, rappresenta
un elemento fondamentale per la democrazia.
Quella cultura ora è a rischio. Il valore del copyright
sta subendo un rapido deprezzamento...
E' una questione di punti di vista. Non c'è dubbio che
editori, motori di ricerca, biblioteche, pirati e perfino qualche professore universitario
stiano cercando di fare i propri interessi a spese degli autori.
Ma è anche vero che soprattutto gli editori fanno i
propri interessi a spese della diffusione della conoscenza
e della cultura. Si pensi alla crescente durata dei
diritti dopo la morte dell'autore; si pensi alla
demenziale codifica "regionale" dei DVD, grazie
alla quale chi ha comperato un film in America non può
vederlo sul suo lettore in Europa; si pensi alle
limitazioni alla copia per uso personale o alla fruizione
di un contenuto su un apparecchio diverso da quello
"accreditato" all'inizio. E via elencando.
Ma ecco il vero problema di Scott Turow:
Prendete gli e-book. Per gli editori sono molto meno costosi da produrre: niente spese di stampa, niente spese di magazzino o di trasporto; e, a differenza dei libri cartacei, non c'è rischio
che il rivenditore rimandi indietro le copie invendute.
Ma invece di usare i soldi risparmiati per essere più generose
con gli autori, le sei case editrici più importanti -
cinque delle quali l'anno scorso sono state portate in tribunale dalla Divisione antitrust del Dipartimento della giustizia per aver fatto cartello sui prezzi
degli e-book - hanno tutte insistito in modo rigido per inserire clausole che limitano i diritti sulle edizioni elettroniche
al 25 percento degli incassi netti, più o meno la metà delle royalty
che l'autore percepisce tradizionalmente su una copia cartacea in
hardcover.
Gli autori di bes t seller hanno la forza per negoziare una royalty implicita più
alta, anche se gli editori diranno che non è vero. Ma gli scrittori che non vendono così tanto con questa nuova percentuale subiranno una decurtazione dei guadagni, un processo che si accelererà
man mano che il mercato virerà verso il digitale.
E' vero il contrario. Turow, dall'alto delle sue
royalty, non si accorge che gli ebook sono una vera manna
per gli autori esordienti, quelli che non riescono a farsi
pubblicare da un editore di qualche rilievo, e solo con
gli ebook possono incassare un po' di diritti, se il
pubblico apprezza le loro opere (diritti comunque molti
più consistenti di quelli che potrebbero spuntare
da un editore tradizionale).
Tutto questo senza considerare un dato ormai chiaro da
tutte le ricerche compiute nei paesi in cui il mercato
degli ebook ha raggiunto una dimensione significativa: il
libro elettronico stimola il consumo; chi ha un ebook
reader compera più libri di quanti ne comperava prima. Il
costo più basso e la maggiore facilità di acquisto
creano nuovi lettori, e non solo tra i più giovani.
La pirateria è un problema? Certo, se per pirateria
intendiamo la "condivisione" gratuita su vasta
scala di opere sul mercato. Ma il danno è minore di
quello che lamentano gli editori. Infatti molti "scariconi"
a sbafo non comprerebbero mai gli stessi contenuti. Dunque
queste copie abusive non comportano un danno economico per
i titolari dei diritti, ma un guadagno in termini di
pubblicità. E poi la pirateria su vasta scala si può
combattere colpendo i (relativamente) pochi che mettono a
disposizione opere protette, piuttosto che cercare di
prendersela con i troppi che le scaricano.
In conclusione, caro avvocato Turow, se scopre qualcuno
che diffonde abusivamente le sue opere, invece di scrivere
un articolo, scriva una denuncia. E' il suo mestiere, no?
E poi, perché si ostina a far pubblicare i suoi libri
anche in formato ebook? Se si sente "povero" e
"distrutto" da questa innovazione, ne faccia
meno. Farà a meno anche dei relativi diritti, che
certamente le arrivano copiosi. Nonostante la pirateria.
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