"Il romanzo potrei buttarlo in Internet, se non fosse per il rischio che qualcuno modifichi il testo, e per quello di cause legali, nel caso venisse in mente a qualcuno di farle...".
Parole di Aldo Busi, nell'intervista del 2 ottobre
scorso a firma di Maurizio Bono su Repubblica.it. L'affermazione è
interessante per chi si occupa di libri liquidi e
self-publishing e merita qualche riflessione.
Partiamo dai fatti. Lo scrittore Aldo Busi, noto quanto
discusso, racconta a Repubblica che né
Mondadori né Giunti hanno voluto pubblicare il suo ultimo
romanzo, El especialista de Barcelona. Contratti
strappati dopo che gli editori in questione hanno letto
l'opera. Lo scrittore dice: "È all'altezza della mia opera e anche della mia ambizione...
Un romanzo perfettamente risolto e come nella storia della
letteratura non se ne potranno scrivere più".
La conclusione è quella riportata all'inizio
dell'articolo: Busi non "butta" il romanzo
nell'internet perché ha paura che qualcuno modifichi il
testo e qualcun altro gli faccia causa. Perché qualcuno
dovrebbe fargli causa? Difficile dirlo senza aver letto il
libro. I due editori lo hanno fatto e hanno deciso di
rinunciare alla pubblicazione di un'opera di sicuro
successo.
Già, perché un romanzo di Aldo Busi è destinato in
partenza a raggiungere le posizioni più alte della
classifica, per la notorietà dell'autore e per le
polemiche che suscita, inevitabilmente. Polemiche che
possono arrivare alle querele. Se le teme lui, Aldo Busi,
perché non dovrebbero temerle anche gli editori? Non
riesco a immaginare un altro motivo del doppio rifiuto.
Qui si tocca un problema molto delicato. Che richiama,
fra l'altro, la questione "carcere per i
giornalisti", sollevata in questi giorni dalla condanna
all'ex-direttore di Libero e de Il giornale
(vedi Diffamazione
e responsabilità dell'informazione su MCreporter).
Il problema è il rapporto tra la libertà di espressione e il
rispetto per gli altri. Un diritto contro un altro, in un
contrasto che può essere risolto solo caso per caso. La
soluzione, prima che nelle aule giudiziarie, dovrebbe trovarla
chi scrive.
La libertà di espressione di un giornalista e quella di
uno scrittore hanno contorni diversi, ma si esprimono nello
stesso ambito: quello dell'informazione globalizzata, dove
carta, internet, radio e televisione costituiscono ormai un
unico ambiente comunicativo. Da qui la possibilità che uno
scritto che non può essere stampato su carta viva in rete
superando ogni censura.
Ma Aldo Busi non ama la Rete. Non ha un blog né un sito
"ufficiale", non è su Facebook, Twitter e via
socializzando. Non ama l'internet, forse perché non la
conosce. Per questo pensa che un libro sull'internet sia
"buttato" o che qualcuno possa modificarne il testo.
Ridicolo. Si informi!
Prima di scrivere queste righe mi sono informato. E ho scoperto
che sullo scrittore c'è un sito semi-ufficiale. Si chiama Altriabusi
e pubblica testi "su segnalazione di Aldo Busi" o
"per volontà di Aldo Busi" o ricevuti direttamente
da Aldo Busi. C'è una pagina di "avvertimenti" che
da sola basta a capire che aria tira. All'inizio c'è scritto,
in tutte lettere maiuscole:
"IL WEB È IL LUOGO DELLE FANTASMIZZAZIONI, È
IL TEATRINO DEI MASCHERAMENTI MORALE: TUTTO CIÒ CHE APPARE
SUI SITI VA CONSIDERATO NON ESSENZA GIURIDICA"
Segue un lungo testo di faticosa lettura, pieno di insulti
a personaggi che non vengono nominati. Alla fine, sotto la firma "Aldo Busi" si legge:
Il presente articolo, a titolo gratuito, può essere
ripreso anche dai più strainculati e strafatti siti Internet
ma non può essere inserito in alcun cartaceo – fatte salve
le tesi di laurea che restino inedite – senza richiesta e
cessione dei relativi diritti editoriali.
Ora il quadro si fa più chiaro e spiega almeno in parte
perché lo scrittore non vuole "buttare" il suo
libro in Rete: evidentemente non sa che da un ebook
distribuito regolarmente si possono ricavare più diritti di
quelli che si ricavano dalle edizioni di carta, anche
scontando la normale quota di copie abusive.
Ma c'è di più. Tra gli interventi pubblicati sul sito
"su segnalazione di Aldo Busi" c'è quello di un un
tale Daniele Vecchiotti. Che inizia così:
"Da autore di romanzi pubblicati, dovrei aderire alle
campagne contro l’Editoria a pagamento e tutte le varie
forme di self-publishing in generale. La sterminata,
incommensurabile bolgia di inutili, orridi titoli di ogni
genere – scritti malissimo ed editati peggio – che, grazie
al “me-lo-pubblico-da-me” ha contaminato il mercato
trasformando in maniera radicale il concetto di “libro”,
ormai distante anni luce dall’esperienza nobile e
arricchente che, per antonomasia, noi vecchiotti saremmo
portati ad associare a quella di letteratura"
Ma poi conclude:
"Insomma.. probabilmente, iniziasse oggi a lavorare
alla sua immensa bibliografia, anche Aldo Busi sceglierebbe di
pubblicarsela da sé, o di regalarla ai lettori solo per la
soddisfazione di non regalarla a una casa editrice pronta a
ridurla ai minimi termini per meglio adattarla alle esigenze
del mercato e del potere. E c’è da pensare che, se mai un
nuovo Aldo Busi nascerà, verrà fuori da un’operazione di
autopubblicazione, non certo dal tritacarne di una casa
editrice".
Ecco: alla fine della storia tutto ritorna al valore del
self-publishing, riconosciuto anche da chi poco prima aveva
manifestato la sua adesione alle campagne contro "tutte
le varie forme di self-publishing".
Un amico mi detto: "Forse Mondadori e Giunti non hanno
voluto pubblicare il libro di Busi perché è una
schifezza". Ma da quando in qua i grandi editori
rifiutano di pubblicare una schifezza, se la notorietà
dell'autore è tale da assicurare un successo di vendite?
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