"La tempesta
perfetta", secondo l'Associazione degli editori, con un
drammatico calo delle vendite. Ma il libro elettronico fa
passi avanti. Il mondo cambia, ma qualcuno vorrebbe ancora di
restare al passato.
"Primavera digitale" era il titolo dell'edizione
di quest'anno. Ma per il Salone del libro era ancora
inverno. Niente catalogo elettronico: se chiedevi al banco
delle informazioni dove fosse un editore, ti consegnavano
una mappa di carta. E dovevi cercare da solo. Tanto per
fare un paragone, lo SMAU ha il catalogo on line e su
CD-ROM da più di vent'anni (ho ancora l'edizione del
1989, non so se fosse la prima). Il Wi-Fi nelle sale del Lingotto? Solo... sulla carta.
Internet point? Nemmeno a parlarne. File snervanti,
perché le procedure di accreditamento sono ancora
manuali. Insomma, il mondo del libro italiano è ancora
"analogico".
E il libro analogico, cioè di carta, sembra attraversato
da una crisi profonda. Che, almeno in parte, ha le sue radici nella
situazione economica (consumi -6,3 per cento, reddito
disponibile -12,3 per cento, secondo la Banca d'Italia).
Cifre richiamate nel convegno dell'Associazione
Italiana Editori (AIE) intitolato "La tempesta
perfetta", come premessa ai numeri dei libri: tra il
2010 e il 2011 il numero dei lettori - già pochi in
confronto a quelli degli altri Paesi - è sceso del 2,7
per cento; tra marzo 2011 e febbraio 2012 la pubblicazione
mensile di novità è scesa del 28,8 per cento. E via
enumerando, con le mani nei capelli.
Ma gli ebook crescono. I lettori erano 350.000 nel 2010 e
1,1 milioni nel 2011. Oggi costituiscono oggi, più o
meno, l'1 per cento del mercato dei libri. Qualcuno si
spinge a prevedere il 4 per cento alla fine del 2013.
Qualche speranza è venuta dal consuntivo della
manifestazione: più visitatori, più libri venduti
rispetto allo scorso anno.
Ma la vera preoccupazione degli editori italiani è legata
all'avanzata dei libri liquidi e delle aziende che ne
controllano il mercato. Amazon è il primo nemico. Qualcuno ha
addirittura ipotizzato un'azione antitrust nei confronti
del colosso americano. Dimenticando forse che Amazon è
sbarcata in Italia solo alla fine del 2011, quando da più
di un anno c'erano migliaia di titoli in formato
elettronico ed erano in vendita diversi modelli di reader
"nazionalizzati".
Altri hanno parlato di "colonizzazione
culturale". Ma nel campo dei libri elettronici la
colonizzazione può fare solo bene: modelli di vendita e
di fruizione più agili, prezzi che attirano i lettori,
velocità nella filiera editoriale. La cultura la fanno i
testi pubblicati, poco importa se li distribuisce
un'azienda americana o di qualche altra parte del mondo.
La "pirateria" è uno spauracchio sempre
presente e frena le iniziative. Ma chi continua a
pensare che la copia abusiva sia un problema degli ebook,
vada a cercare su Google: non c'è libro di successo,
pubblicato su carta, che non abbia la sua versione pirata
in formato PDF.
Per fortuna qualcuno incomincia a capire che il primo
ostacolo da rimuovere per la diffusione degli e-book è
costituito dai sistemi di protezione, i famigerati DRM:
irritano il lettore che acquista regolarmente un ebook,
mentre sono del tutto inutili per impedire la copia
abusiva. Una voce di costo che si può eliminare. Anche se
non si accetta l'idea che la pirateria favorisca la
vendita dei libri (vedi
Paulo Coelho: i miei ebook a 99 centesimi).
Ancora. Preoccupa gli editori il fenomeno del self
publishing. Oggi chiunque può pubblicare un libro
senza sottoporsi al vaglio di quello che da secoli è
l'intermediario tra l'autore e il pubblico. Ci sono
nuovi intermediari, quelli che offrono le piattaforme di
pubblicazione senza filtri e con costi molto bassi.
L'editore è destinato a perdere il suo ruolo storico?
Il dato di fatto è che il libro autopubblicato viene
valutato direttamente dal pubblico, dalla Rete. E a nulla
servono le fascette che salutano di volta in volta il
capolavoro del secolo, l'esordiente geniale, l'ennesima
inesistente edizione di un libro-spazzatura (vedi Troppe fascette per troppe edizioni: troppi editori?
di Andrea Monti).
Di fronte a queste novità gli editori dovrebbero
ritrovare il loro antico ruolo di selezionatori e
promotori dei buoni libri. Invece di inseguire un mercato
fatto di mode presunte, come quella dei misteri
medioevali, dei thriller sanguinari. Oltre che pubblicare
quasi solo opere di sicuro successo, perché sono best-seller
all'estero, o perché l'autore è un personaggio
televisivo.
Ma prima di tutto dovrebbero adeguare la filiera al
tempo del Web. Troppi libri restano accatastati in attesa
di qualcuno che li valuti; troppo tempo passa tra il
momento in cui l'editore riceve un "manoscritto"
e il momento in cui, qualche volta, l'opera va in
libreria. Oggi ci vogliono almeno sei mesi. Ma in Rete un
ebook può diventare un successo in sei giorni.
Succederà, prima o poi. E succederà anche che qualche
piccolo editore diventerà grande, perché non sarà
paralizzato dai riti e dalla burocrazia delle maggiori
case editrici, che oggi "fanno il mercato".
Attenzione, però: quello che conta nel mondo dei
libri, e conterà sempre di più, è la qualità dello
scritto. Alla lunga non c'è marketing, o web-marketing,
che tenga. Il successo di un libro o di uno scrittore lo
decide sempre il pubblico.
Ho sentito un autore incominciare così la
presentazione del suo libro: "Questo è un thriller
alla Dan Brown".
Come dire: non avevo un'idea mia. Avrei voluto alzarmi e
andarmene, ma ho avuto pietà: mi trovavo in quello
stand per altri motivi ed ero l'unico spettatore della
presentazione. Naturalmente ripresa con una webcam e
diffusa in Rete.
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