Quella che segue è la sintesi, con poche
modifiche, dell'intervento che avevo preparato per e-bookcamp 3.0. Al
momento di prendere il microfono ho preferito parlare
soprattutto di alcuni punti interessanti trattati dai
relatori che mi avevano preceduto. Ecco quello che ho
detto e quello che non ho detto sul self-publishing.
Il self-publishing è uno dei tanti frutti della
digitalizzazione delle informazioni e della diffusione
dell'internet. E' spesso riassunto con l'affermazione che
l'ebook consente a chiunque di essere "editore di se
stesso". Ma, messa in questi termini, è una
semplificazione che non aiuta a capire la situazione e le
sue prospettive.
Altrettanto pericolosamente semplificatoria è l'idea che
l'ebook possa essere uno strumento di
"disintermediazione" tra l'autore e il pubblico.
Cioè che si possa fare a meno di un intermediario, di
quello che per i libri carta è l'editore.
Nel capitolo 9 di Libri liquidi ho cercato di
analizzare il fenomeno della disintermediazione nel
settore editoriale e sono giunto alla conclusione
che una vera disintermediazione non esiste: con i libri in
formato elettronico ci sono nuovi mediatori. Sono il
passaparola on line, i social network, i siti
specializzati e sopratutto i distributori. In sostanza
l'internet stessa.
E' dunque la Rete il nuovo editore? No, come vedremo
tra poco. Per capire perché dobbiamo partire dal
ruolo economico e culturale dell'editore tradizionale.
L'editore è prima di tutto un'impresa commerciale. Il suo
scopo è di fare profitti, vendendo un prodotto che è
caratterizzato da un contenuto di idee. "Idee"
può significare molte cose: saggi su ogni materia,
poesia, narrativa, guide pratiche di qualsiasi tipo.
L'editore è una "fabbrica" che acquista un
"semilavorato", quello che siamo abituati a
chiamare "manoscritto". Il processo produttivo
consiste nel trasformare questo semilavorato in un
prodotto finito, il libro. Questo viene poi affidato a
un'altra impresa, il distributore. Da qui ad altre
imprese, come le librerie, la grande distribuzione o gli
operatori del commercio elettronico. Insomma, siamo di
fronte a una "filiera", non molto diversa da
quella che caratterizza altri prodotti industriali.
Dov'è la differenza tra l'industria editoriale e tutti
le altre? E' all'inizio della filiera, al momento in cui
l'editore sceglie il libro da pubblicare. Ed è qui il
problema di fondo di tutta la questione. Perché l'editore
si propone come un intermediario della conoscenza. Dalle
sue scelte dipendono le vendite dei libri, quindi la
diffusione di idee, di saperi, di nozioni pratiche. O
semplicemente di emozioni. Tutti elementi che, se un libro
ha successo, diventano patrimonio della collettività.
Però non tutto funziona come si vorrebbe. Prima di
tutto perché l'editore è, come abbiamo detto, un'impresa
commerciale. Dunque la scelta di produrre un libro deve
tenere presente il profitto della produzione. Un'opera di
alto valore, ma che non ha i requisiti per attirare un
sufficiente numero di lettori, nella maggior parte di casi
non viene pubblicata. In qualche caso l'impresa editoriale
deve trovare un equilibrio tra gli scarsi ricavi di
qualche libro poco vendibile e gli utili generati da opere
di grande successo.
Purtroppo oggi assistiamo spesso a operazioni
editoriali che guardano più al successo commerciale che
alla qualità del libro. Successo commerciale che in molti
casi è indotto da astute operazioni di marketing. Come la
moneta cattiva scaccia quella buona, così tanti brutti
libri che si impongono nelle vetrine delle librerie o
nelle trasmissioni televisive "uccidono" opere
interessanti. Perché restano negli scaffali o non vengono
pubblicate affatto.
Qui si innesta un altro aspetto critico. Forse, dal
nostro punto di vista, il più critico di tutti. La
difficoltà dell'autore di farsi pubblicare da un editore.
La storia del libro è piena di opere che sono state
rifiutate da decine di editori prima di raggiungere le
librerie e un grande successo.
Succede per diversi motivi. Il più comune è che gli
editori non riescono a tener dietro alla valanga di
"manoscritti" che ricevono. In qualche caso il
lettore incaricato di valutare l'opera di un autore
sconosciuto non riesce a "sintonizzarsi" con lui
e boccia inesorabilmente il libro. Il caso de Il
Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è forse il
più significativo.
La soluzione, molte volte, è trovare un editore che
pubblichi il libro a spese dell'autore. Questi diventa
così un Autore a Proprie Spese, l'APS descritto così
bene da Umberto Eco ne Il Pendolo di Foucault. Ma
non sempre l'APS è un vanitoso che vuole solo gloriarsi
della pubblicazione (tacendo sul fatto che l'ha pagata
lui). La pubblicazione a spese dell'autore non è
solo vanity press. In molti casi è l'inizio di una
carriera letteraria importante. Anche qui un esempio per
tutti: Alberto Moravia con Gli indifferenti.
A questo punto siamo giunti al cuore del nostro
discorso: l'ebook consente a qualsiasi autore di
raggiungere il pubblico senza passare per il
"filtro" dell'editore. E senza sborsare un euro,
o quasi. L'APS diventa, gratis, editore di se stesso: da
Autore a Proprie Spese a Editore a Zero Spese: EZS. E' una
rivoluzione.
Cambiano molti aspetti del lavoro editoriale. Solo per
fare un esempio, il percorso tradizionale che porta alla
traduzione e alla vendita di un libro in altri paesi passa
necessariamente per un contratto con un editore
interessato, in genere per il tramite di un agente. Accade
solo dopo che l'opera ha ottenuto un buon successo nella
lingua originale. Con il self-publishing basta fare la
traduzione. Dopo qualche ora il libro è in vendita on
line in tutto il mondo.
A questo punto dobbiamo fare a noi stessi una domanda non
banale: l'EZS è un editore a tutti gli effetti? Dalla
risposta dipende in buona parte il futuro dell'editoria,
ameno per i prossimi anni.
La risposta è negativa, almeno in buona parte. L'EZS
non è un'impresa. Non c'è un capitale investito né quel
fattore di rischio che caratterizza ogni attività
imprenditoriale. Non c'è una catena produttiva. Non c'è
la filiera che inizia con la fase essenziale della scelta
dell'autore da pubblicare. Nell'editoria tradizionale
autore ed editore sono, per loro natura, soggetti
differenti. Nel self-publishing elettronico sono la stessa
persona.
L'editore tradizionale e l'EZS hanno in comune
solo la necessità di promuovere il libro. Ma gli
strumenti sono molto diversi. L'editore usa la
pubblicità, la promozione sul punto di vendita, le
presentazioni in pubblico, i passaggi televisivi e i
rapporti con la stampa. Oggi usa anche i social network,
che invece sono il canale quasi esclusivo dell'EZS.
E' proprio questo il punto cruciale del discorso. La
Rete costituisce al tempo stesso il canale di promozione e
di vendita del libro. Dunque le tre figure della filiera
tradizionale, autore, editore e venditore, si fondono in
una sola persona. Allora ci chiediamo se ha ancora senso
parlare di "editore" per l'autore che pubblica e
promuove la sua opera.
Credo di no. Credo che quella dell'Editore a Zero Spese
sia una figura in qualche modo emblematica della nuova
editoria, ma che non corrisponda a un'attività in qualche
modo separata da quella dell'autore. Alla fine dei conti,
col self-publishing l'editore non c'è più. E quindi
viene meno anche la funzione di scelta delle opere da
pubblicare, che resta il primo impegno dell'editore
tradizionale, nel bene e nel male.
Qui il discorso giunge al punto di svolta, che si
riassume in un'altra domanda: se non c'è più
l'editore che sceglie che cosa pubblicare, chi prende il
suo posto? La risposta è altrettanto semplice: nessuno.
Qualcuno dirà che le opere le sceglie la Rete. Ma,
attenzione, la Rete non sceglie le opere da pubblicare,
perché quando la Rete le valuta esse sono già
pubblicate. La Rete sceglie i libri da leggere e deve
farlo guardandosi da facili manipolazioni del consenso.
Questa è un'altra novità rilevante. Se con l'autopubblicazione
il ruolo dell'editore viene assorbito, potremmo dire
"incorporato" dall'autore, la rete dei lettori
assume anche la funzione di recensore critico e promotore
delle opere. Così nasce una nuova forma di mediazione tra
l'autore e il suo pubblico. Che assomiglia in parte alla
"disintermediazione" della quale si favoleggia
quando si parla dell'internet.
In tutto questo gli editori tradizionali sono
completamente spiazzati. E' chiaro che la sfida è
rinnovarsi o perire. Ma non è questa la sede per
discutere di come deve cambiare il loro lavoro.
A noi interessa capire come l'Editore a Zero Spese possa
gestire il suo ruolo di non-editore. Ed è questa la
nostra sfida. I metodi che dovremo applicare dipendono in
buona parte dai tempi in cui l'ebook si diffonderà presso
un pubblico diverso, e molto più ampio, di quelli che
discutono nelle varie forme di reti sociali di oggi.
Questo è il pubblico che dobbiamo raggiungere. Quello,
in Italia non molto numeroso, che legge i libri di carta e
non ha ancora fatto propria l'idea che il libro può non
avere più - e quindi non essere più - un
"volume".
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