Alle elementari mi
avevano insegnato che nella lingua italiana
ci sono cinque vocali: a, e, i,
o, u. In
realtà nell’italiano parlato le vocali
sono sette: a, è, é, ò, ó, u.
Infatti la "e" e la "o"
si possono pronunciare aperte o chiuse... Per
distinguerle si usa l’accento grave quando
la vocale è aperta, l’accento acuto
quando è chiusa.
Ma qual è l’accento grave e quale quello
acuto? L’accento grave (`) è quello che
scende, l’accento
“acuto” (´) è quello che va verso
l’alto. Naturalmente leggendo da sinistra
a destra.
C’è un dubbio che a
volte assilla chi cerca di parlare e
scrivere in modo corretto: decidere quando
la "e" e la "o" sono
aperte e quando sono chiuse. Le inflessioni
dialettali ingannano. La soluzione è
cercare la parola su un dizionario. In Rete
ce ne sono tanti, ma il più utile a questo
scopo è il DOP, il Dizionario d’ortografia e
di pronunzia della Rai, che ci fa
ascoltare le parole con la dizione perfetta
di uno speaker.
All’interno delle
parole l’accento fonico viene usato solo
se è indispensabile. È inutile precisare
che con il trapano si pratica un fóro,
mentre uno studente in giurisprudenza spera
di diventare un principe del fòro.
Come abbiamo visto nella
precedente puntata, in italiano l’accento
è obbligatorio solo sulle parole tronche
(accento tonico). In quelle che terminano
con la "o", questa è sempre
aperta. Quindi scriviamo senza problemi perciò,
pagherò eccetera. Con la
"e" la questione è più
complicata, perché alla fine di una parola
tronca può essere aperta (è,
caffè, lacchè)
oppure chiusa (perché, affinché
e tutte le congiunzioni che terminano in
"–che").
Per decidere quando si
deve usare l’accento grave e quando
l'accento acuto, si può ricordare l’espressione
perché è, nella quale i due
accenti convergono come le falde di un tetto
(regola della casetta).
Nel dubbio, pensa
qualcuno, si può usare l’apostrofo o l’apice
(e’,
perche’,
chissa’).
E' un errore di ortografia. L’apostrofo e
l’apice (che, in teoria, non sono la
stessa cosa) hanno altri significati. La
cattiva abitudine di usare l'apice invece
dell'accento risale agli albori dell’informatica,
quando le tastiere erano previste solo
per l'inglese ed era complicato scrivere
caratteri tipici di altre lingue. L’uso
degli apici al posto degli accenti poteva
essere tollerato nei testi senza pretese di
correttezza ortografica. Oggi non ci sono
più scuse.
Inoltre è facile: quando scriviamo con
una tastiera italiana, usiamo sempre le
lettere accentate che si trovano sui tasti
scrivendo in minuscolo. Solo con le parole
che terminano in –ché premiamo il tasto
delle maiuscole.
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