Il self-publisher non è
necessariamente un letterato. In molti casi
non è un professionista della scrittura,
né un lettore di lungo corso. Dunque le
fonti del suo linguaggio sono quelle di
tutti e vengono per lo più dai giornali e
dai notiziari radiotelevisivi. Che in genere
non brillano per la qualità della lingua.
Può fare lo
scrittore chi ha la
capacità di inventare storie e di
creare una struttura narrativa. Soprattutto
la prima qualità, la fantasia, è una dote
innata, una tecnica che non si può
insegnare. Ma, a volte, queste doti non sono
sorrette da un’uguale abilità nella
scelta e nella combinazione delle parole.
Per esempio: tutte le
persone hanno un “volto”. Un volto?
Oppure un viso, o una faccia?
O addirittura un ceffo?
Una ragazza con un viso
dolcissimo.
Un nobile signore dal volto severo.
Un ragazzino impertinente con una faccia
da schiaffi.
Un brutto ceffo che sbuca dall’oscurità
impugnando un coltello.
Questi esempi mostrano
come indicare la stessa cosa con una parola
diversa sia importante per arricchire l’immagine
che si vuole evocare con la scrittura.
La lingua italiana è ricca di espressioni
che esprimono concetti simili, ma con
sfumature diverse. Prendiamo dal linguaggio
giornalistico un termine molto usato,
insensata quanto inutile importazione di una
parola inglese: monitorare. Tutti
monìtorano
tutto, dal comportamento di un campione
statistico al livello di un fiume in piena,
dai flussi del traffico automobilistico ai
livelli dell’inquinamento atmosferico.
Ma in italiano c’è una quantità di
espressioni che possono essere più efficaci
dell’orribile “monitorare”:
Controllare, tenere sotto
controllo.
Sorvegliare, esercitare un’attenta
sorveglianza.
Osservare con attenzione.
Verificare, sottoporre a verifica.
Vigilare.
Questo è solo un piccolo
esempio, incompleto. Ciascuna delle
espressioni che ho appena elencato offre una
sfumatura diversa di un’azione che
qualcuno descriverebbe come “monitorare”.
Usare di volta in volta l’espressione più
corretta arricchisce la scrittura.
Ancora: si usa spesso la
parola “detriti” per indicare cioè che
resta del crollo di un edificio, di un
incidente automobilistico o di un disastro
aereo, di una lavorazione industriale.
Invece:
Le macerie di un
edificio crollato.
I rottami di un aereo precipitato.
Le scorie della lavorazione dell’acciaio.
L’altra faccia della
scelta della parole più efficaci è nelle frasi fatte,
negli aggettivi scontati. Mettiamo al bando il
paesino ridente,
il paesaggio ameno, la
vicenda
sconcertante,
la violenza inaudita. Soprattutto
evitiamo di inquadrare i fatti nella
splendida cornice.
Purtroppo sono espressioni che ci martellano
tutti i giorni ed è naturale, anche per
pigrizia usarle anche
in una narrazione che vuole essere un libro,
un’opera di fantasia. Ma un
linguaggio non banale è uno dei primi segni
della presenza di un “autore” dietro le
pagine.
Un piccolo esercizio che
si può fare per arricchire il proprio
vocabolario è leggere ogni giorno qualche
pagina di un dizionario dei sinonimi e dei
contrari. È anche divertente, provare
per credere.
Acc… Mi è scappata una frase fatta!
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