Non basterà accettare di
guadagnare meno. Bisognerà anche mettere da parte tutte le
barriere che separano chi scrive da chi legge: a cominciare
dal DRM. (Da
Punto Informatico del 26.04.11)
Roma - Mafe de Baggis qualche giorno fa su queste pagine ha
riassunto da par suo i limiti della transizione
editoriale verso il digitale. Aggiungo un punto, se posso:
nella dieta prevista e canonica necessaria per dimagrire,
è incluso per l'industria dei contenuti un ulteriore
sacrificio, indipendente dal tipo di regime calorico
scelto. Quello di accettare non solo il ritorno al peso
forma ma anche quello di una sostanziale ulteriore
magrezza imposta. L'industria dei contenuti dopo Internet
sarà, necessariamente e per un periodo più o meno lungo,
economicamente meno florida di quella precedente, almeno
per i grandi attori protagonisti del mercato di massa, e
questa è di per sé una idea molto difficile da
accettare.
Fra i bisbigli di questi giorni c'è quello legato al
rapido disinnamoramento
degli editori verso iPad. Il tablet di Apple è stato
prima vigorosamente invocato dagli editori come il
salvagente digitale che li avrebbe tenuti a galla, poi,
mano a mano che dagli entusiasmi iniziali si passava a
numeri di vendita medio-bassi, è iniziato lo
scaricabarile solito: se gli incassi non sono
entusiasmanti la colpa è dello strumento, in alternativa
della scarsa predisposizione verso il nuovo dei lettori,
infine di Internet che estende la lunga mano della sua
concorrenza sleale agli ambienti economici recintanti dei
contenuti editoriali.
Per continuare ad usare la metafora di Mafe, qui non
siamo di fronte ad una industria che fa la dieta con gli
zuccheri ma di una vera e propria crisi bulimica che rende
difficile ogni valutazione di scenario. Secondo Condé
Nast dovrebbe evidentemente essere logico che i lettori
acquistino mensilmente la versione per iPad di GQ a 5
dollari, quando il medesimo editore vende in abbonamento
la medesima copia cartacea a circa un dollaro. In nome di
quale coma diabetico è possibile immaginare come
plausibile un contesto economico del genere?
Lo stesso accade, anche in Italia, con la distribuzione
dei libri elettronici. Qualsiasi fruttivendolo che
decidesse oggi di vendere i lupini a 100 euro al
chilogrammo verrebbe rapidamente additato come un pazzo,
invece l'editore dell'ultimo romanzo di cassetta può
proporre prezzi dopati per i propri testi in formato
elettronico senza alcun evidente biasimo sociale. Merito
forse del mercato di riferimento è che attualmente una
piccola nicchia di un mercato di nicchia. Così, per fare
un solo esempio fra i tanti possibili, in questo momento
su IBS il nuovo libro di Roberto Saviano "Vieni via
con me" costa in versione cartacea 9,10 euro (30 per
cento di sconto sul prezzo di copertina) mentre lo stesso
testo in versione elettronica viene venduto a 9,99 euro.
Il primo dei due formati assomma i costi della carta,
dell'inchiostro e della stampa a quelli della
distribuzione, il secondo presume che il lettore abbia
acquistato un device apposito, abbia confidenza con un
lucchetto software che lo rende incompatibile con il più
comune degli ebook reader sul mercato, che la sua
protezione software su iPad costringa a un numero molto
ampio di procedure per poter essere letto tra le quali
l'installazione di una app dedicata di una software house
terza che serve solo a quello, e che infine il cliente
accetti a cuor leggero di non poterlo prestare nemmeno
alla propria zia informatizzata. Quasi tutti i grandi
editori italiani utilizzano il medesimo lucchetto software
di Adobe: nelle loro menti probabilmente il lettore di
libri elettronici è un individuo con enormi capacità di
adattamento ambientale. Perché dovrebbe lamentarsi del
tempo nuvoloso quando in fondo potrebbe anche piovere?
Sono le incertezze delle epoche di transizione ma non ci
si può poi meravigliare troppo se molti lettori
tecnologicamente avanzati in contesti del genere più che
una dieta ipocalorica augurino all'industria dei contenuti
alcuni anni di rieducazione in una sperduta casa di
detenzione turca.
Il tema del prezzo e quello dell'usabilità sono del resto
solo due di quelli in campo. C'è poi quello di un
rapporto fiduciario tutto da immaginare: mi spiace doverlo
sottolineare così brutalmente, ma su Internet non sarà
possibile per nessuno derogare ad un rapporto stretto e
continuo con la propria affezionata utenza. Fino a quando
la diffidenza (per non dire peggio) sarà la premessa più
comune verso la propria nuova clientela digitale, non sarà
possibile aprire grandi e nuovi spazi di business. Per
questo sono straordinariamente importanti gli esperimenti
di social DRM che alcuni editori italiani hanno iniziato a
proporre. Da altre parti in molti invocano un ulteriore
passo verso la normalizzazione dei formati digitali, una
loro maggior compatibilità e magari la creazione di una
vera edicola elettronica, per lo meno dentro lo store di
Apple, ma perché no, anche altrove, nella quale,
esattamente come accade nel mondo di carta, la gente possa
entrare e scegliere cosa acquistare senza dover legarsi
fisicamente ad una applicazione proprietaria per ogni
diverso contenuto richiesto.
Più semplicità e maggior trasparenza insomma, e prezzi
adeguati, per dare l'abbrivio iniziale ad un ambiente
economico che ha un enorme bisogno di crescere sano e
ampio nell'interesse di tutti.
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