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Scoppia una polemica che coinvolge due grandi editori

Aldo Busi, gli usi e gli abusi dell'editoria di oggi

Self-publishing - 8 ottobre 2012
Mondadori e Giunti rifiutano di pubblicare un nuovo romanzo di Aldo Busi. Lui rifiuta di metterlo on line, anche con una scusa ridicola. Eppure, tra un'invettiva e l'altra, qualcuno scopre il valore del self-publishing.
 
"Il romanzo potrei buttarlo in Internet, se non fosse per il rischio che qualcuno modifichi il testo, e per quello di cause legali, nel caso venisse in mente a qualcuno di farle...".
Parole di Aldo Busi, nell'intervista del 2 ottobre scorso a firma di Maurizio Bono su Repubblica.it. L'affermazione è interessante per chi si occupa di libri liquidi e self-publishing e merita qualche riflessione.

Partiamo dai fatti. Lo scrittore Aldo Busi, noto quanto discusso, racconta a Repubblica che né Mondadori né Giunti hanno voluto pubblicare il suo ultimo romanzo, El especialista de Barcelona. Contratti strappati dopo che gli editori in questione hanno letto l'opera. Lo scrittore dice: "È all'altezza della mia opera e anche della mia ambizione... Un romanzo perfettamente risolto e come nella storia della letteratura non se ne potranno scrivere più".

La conclusione è quella riportata all'inizio dell'articolo: Busi non "butta" il romanzo nell'internet perché ha paura che qualcuno modifichi il testo e qualcun altro gli faccia causa. Perché qualcuno dovrebbe fargli causa? Difficile dirlo senza aver letto il libro. I due editori lo hanno fatto e hanno deciso di rinunciare alla pubblicazione di un'opera di sicuro successo.

Già, perché un romanzo di Aldo Busi è destinato in partenza a raggiungere le posizioni più alte della classifica, per la notorietà dell'autore e per le polemiche che suscita, inevitabilmente. Polemiche che possono arrivare alle querele. Se le teme lui, Aldo Busi, perché non dovrebbero temerle anche gli editori? Non riesco a immaginare un altro motivo del doppio rifiuto.

Qui si tocca un problema molto delicato. Che richiama, fra l'altro, la questione "carcere per i giornalisti", sollevata in questi giorni dalla condanna all'ex-direttore di Libero e de Il giornale (vedi Diffamazione e responsabilità dell'informazione su MCreporter). Il problema è il rapporto tra la libertà di espressione e il rispetto per gli altri. Un diritto contro un altro, in un contrasto che può essere risolto solo caso per caso. La soluzione, prima che nelle aule giudiziarie, dovrebbe trovarla chi scrive.

La libertà di espressione di un giornalista e quella di uno scrittore hanno contorni diversi, ma si esprimono nello stesso ambito: quello dell'informazione globalizzata, dove carta, internet, radio e televisione costituiscono ormai un unico ambiente comunicativo. Da qui la possibilità che uno scritto che non può essere stampato su carta viva in rete superando ogni censura.

Ma Aldo Busi non ama la Rete. Non ha un blog né un sito "ufficiale", non è su Facebook, Twitter e via socializzando. Non ama l'internet, forse perché non la conosce. Per questo pensa che un libro sull'internet sia "buttato" o che qualcuno possa modificarne il testo. Ridicolo. Si informi!

Prima di scrivere queste righe mi sono informato. E ho scoperto che sullo scrittore c'è un sito semi-ufficiale. Si chiama Altriabusi e pubblica testi "su segnalazione di Aldo Busi" o "per volontà di Aldo Busi" o ricevuti direttamente da Aldo Busi. C'è una pagina di "avvertimenti" che da sola basta a capire che aria tira. All'inizio c'è scritto, in tutte lettere maiuscole:

"IL WEB È IL LUOGO DELLE FANTASMIZZAZIONI, È IL TEATRINO DEI MASCHERAMENTI MORALE: TUTTO CIÒ CHE APPARE SUI SITI VA CONSIDERATO NON ESSENZA GIURIDICA"

Segue un lungo testo di faticosa lettura, pieno di insulti a personaggi che non vengono nominati. Alla fine, sotto la firma "Aldo Busi" si legge:
Il presente articolo, a titolo gratuito, può essere ripreso anche dai più strainculati e strafatti siti Internet ma non può essere inserito in alcun cartaceo – fatte salve le tesi di laurea che restino inedite – senza richiesta e cessione dei relativi diritti editoriali.

Ora il quadro si fa più chiaro e spiega almeno in parte perché lo scrittore non vuole "buttare" il suo libro in Rete:  evidentemente non sa che da un ebook distribuito regolarmente si possono ricavare più diritti di quelli che si ricavano dalle edizioni di carta, anche scontando la normale quota di copie abusive.

Ma c'è di più. Tra gli interventi pubblicati sul sito "su segnalazione di Aldo Busi" c'è quello di un un tale Daniele Vecchiotti. Che inizia così:

"Da autore di romanzi pubblicati, dovrei aderire alle campagne contro l’Editoria a pagamento e tutte le varie forme di self-publishing in generale. La sterminata, incommensurabile bolgia di inutili, orridi titoli di ogni genere – scritti malissimo ed editati peggio – che, grazie al “me-lo-pubblico-da-me” ha contaminato il mercato trasformando in maniera radicale il concetto di “libro”, ormai distante anni luce dall’esperienza nobile e arricchente che, per antonomasia, noi vecchiotti saremmo portati ad associare a quella di letteratura"

Ma poi conclude:

"Insomma.. probabilmente, iniziasse oggi a lavorare alla sua immensa bibliografia, anche Aldo Busi sceglierebbe di pubblicarsela da sé, o di regalarla ai lettori solo per la soddisfazione di non regalarla a una casa editrice pronta a ridurla ai minimi termini per meglio adattarla alle esigenze del mercato e del potere. E c’è da pensare che, se mai un nuovo Aldo Busi nascerà, verrà fuori da un’operazione di autopubblicazione, non certo dal tritacarne di una casa editrice".

Ecco: alla fine della storia tutto ritorna al valore del self-publishing, riconosciuto anche da chi poco prima aveva manifestato la sua adesione alle campagne contro "tutte le varie forme di self-publishing".

Un amico mi detto: "Forse Mondadori e Giunti non hanno voluto pubblicare il libro di Busi perché è una schifezza". Ma da quando in qua i grandi editori rifiutano di pubblicare una schifezza, se la notorietà dell'autore è tale da assicurare un successo di vendite?

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